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Si riparte!

L’appuntamento per la prossima riunione è

Lunedì 26 Settembre alle ore 16:30 in Via Faentina

con il seguente ordine del giorno:

1. punto della situazione sulle principali attività svolte da settembre 2015 a settembre 2016: tutto concluso? cose da mettere nero su bianco (cioè scrivere)?

2. La nostra presenza al Tocatì 2016: Giampaolo e Giovanna riferiscono

3. programmazione dell’attività per il nuovo anno:

– abbiamo già preso un primo impegno con il comitato per la formazione: uno stage residenziale di circa 2 gg a Firenze che andrà nel calendario formazione FIT CEMEA per il mese di febbraio: argomento, date, logistica.

– pomeriggi sperimentali

– chianti ludens e tocatì 2017

4. pagina facebook e blog: aiutiamo la giovanna.

 

 

MOTIVAZIONI PER UNO STAGE DI EDUCAZIONE AMBIENTALE L’UOMO E L’AMBIENTE

Ciò che è grande non è il sapere; non è neppure la scoperta è la ricerca. Non è la conoscenza posseduta, la scienza appresa e assimilata, ma un’attività vigilante che senza tregua, si pone nuovi problemi, organizza i fatti secondo rapporti non ancora conosciuti.
Celestin Freinet

 

Stiamo vivendo la terza grande rivoluzione della storia umana.
La prima è stata la Rivoluzione Agricola, la seconda quella Industriale. La nostra è la Rivoluzione Tecnologica caratterizzata dall’utilizzazione dell’energia nucleare, dall’ingegneria genetica e dall’enorme sviluppo dei mezzi d’informazione e comunicazione. Ma il progresso tecnologico può portare effetti collaterali disastrosi di cui spesso per pigrizia, ingordigia e, soprattutto, per ignoranza non si tiene conto (Cavalli Sforza L. F. 1995 ). La nostra società ad alto livello d’industrializzazione, per continuare ad esistere, ha necessità di far consumare, per poi ancora produrre, in una catena difficile da spezzare le cui conseguenze sono dannose non solo all’ambiente naturale (Latouche S. 2012). Il consumismo, infatti, crea pericolosi modelli che fanno presa soprattutto sui bambini e sugli adolescenti. Tutto si può ottenere molto, troppo, facilmente. Ciò che si è ottenuto senza fatica dopo poco non interessa più, si perde il valore delle cose insieme alla naturale curiosità nei confronti di ciò che ci circonda (Lorenz K., 1983). 
Di qui l’urgenza di una seria e corretta educazione ambientale che partendo dallo studio dell’am­biente come ecosistema (cioè come l’insieme delle relazioni esistenti tra gli organismi viventi e tra questi e l’ambiente fisico) si proponga l’obiettivo di fare acquisire ai giovani la consape­volezza delle possibilità e dei limiti della progettualità dell’uomo riconosciuto come elemento attivo di quel delicato sistema di relazioni dal quale dipende la sua stessa sopravvivenza, in modo che essi comprendano la necessità di gestire in maniera responsabile le immense potenzialità di cui oggi disponiamo. Accanto alle scienze della natura è perciò necessario coinvolgere le scienze dell’uomo. Infatti se le scienze naturali permettono di scoprire le interazioni biofisiche, la geografia è indispensabile per conoscere le caratteristiche fisico-antropiche del territorio, l’economia e la sociologia sono necessarie per capire le motivazioni degli interventi umani (Manzi G., Rizzo J. 2011). In questa prospettiva di educazione alla cittadinanza attiva, la storia diventa, una chiave di lettura indispensabile per capire l’ambiente attuale. Essa, infatti, ci fa comprendere come i nostri problemi provengono dal passato, e come le decisioni che prendiamo nella situazione attuale daranno vita alla società di domani.
Se vogliamo educare i giovani a pensare, affinché possano consapevolmente decidere come sarà il mondo di domani (Morin E., 2000; 2001), ci è utile riascoltare l’eco profondo delle parole di John Dewey (1961) tornate di scottante attualità nel dibattito pedagogico contemporaneo: “L’educazione [del pensiero] consiste nello sviluppo della curiosità, della suggestione, e degli abiti di esplorazione e di prova, sviluppo  che accresce la sensibilità per i problemi e l’amore per tutto ciò che è misterioso e sconosciuto […]”. Per impostare una seria educazione ambientale occorre, quindi, creare un “conflitto cognitivo”: un sistema di conoscenze che è posto in crisi da una nuova esperienza (Olson D., 1970; Pontecorvo C., Fusè L., 1981; Girardet H., 1983). Il desiderio di capire (di rimettere ordine) determina l’interesse per l’argomento e crea un problema da risolvere. E’ l’esistenza di questo problema che determina il coinvolgimento dello studente e fa sì che l’apprendimento sia sempre attivo e personale.

Lando Landi

 

 

Programma per quest’anno

Come sempre accade, dopo le ferie estive ci si ritrova ritemprati e pronti per ripartire. Settembre è il mese dei buoni propositi e dei programmi ed anche noi non siamo sfuggiti a questa logica. La riunione del 10 settembre è servita proprio per programmare le nostre attività.
A giugno avevamo finito con un piccolo bagaglio di esperienze dalle quali prendere spunto per continuare:

  • i nostri “pomeriggi sperimentali” nei quali avevamo esplorato temi come “chimica in cucina”, “equilibri e leve”, “strutture di carta”, “la luce corre sul filo”
  • lo stage di autoformazione “storie d’acqua” tenutosi ad Oriolo Romano a fine marzo con una equipe composta da Uberto Massone, Lando Landi, Giovanna Danza, Cinzia Mandas e Giampaolo Mazza.
  • La partecipazione al Chianti Ludens 2015 con i buratcalzini
  • Il progetto “gioco scienza – gioco matematica” iniziato con le scuole dell’infanzia del comune di Prato.

Esperienze nel complesso positive ma ciascuna con le sue criticità. Ed è proprio dalle criticità di queste esperienze che ci siamo mossi:

  • I “pomeriggi sperimentali” ,dove a turno uno di noi conduceva l’attività e poi si discuteva sul tema e sulla metodologia di approccio, ci sono piaciuti ed abbiamo deciso di mantenere questa modalità operativa per il nostro lavoro di ricerca, ma un solo pomeriggio per ogni argomento ci è sembrato poco per avere il tempo di digerire la materia e affinare le metodologie ed inoltre abbiamo sentito la mancanza di una finalizzazione e quindi esternalizzazione di questa attività.
    • Quest’anno riproporremo i “pomeriggi sperimentali” ma dedicheremo ad ogni argomento il tempo che merita e lo scopo generale sarà quello di farci un “repertorio di attività” provate e ragionate da poter proporre in ambiti educativi scolastici ed extrascolastici.
  • Lo stage “storie d’acqua” è andato bene nel suo complesso ma la sua organizzazione è stata piuttosto farraginosa e la partecipazione piuttosto scarsa perché era un evento un po’ isolato e pubblicizzato poco e male. Ci sono piaciute molto la reazione ed il gradimento dei partecipanti e l’idea di stage come finalizzazione del nostro lavoro.
    • Quest’anno faremo un altro stage il cui titolo sarà “l’uomo e l’ambiente”, proponiamo di inserirlo nella programmazione della LUDEA per dargli una maggior caratterizzazione educativa e ufficiale, lo prepariamo durante tutto l’anno con il lavoro dell’intero gruppo anche se a presentarlo sarà una equipe di formatori di tutto rispetto.
  • La partecipazione al Chianti Ludens ha aperto all’interno del gruppo un interessante dibattito sulla possibilità di fare proposte che abbiano una valenza scientifica in manifestazioni all’aperto e in piazza. Le opinioni tra noi sono piuttosto discordanti (e qui sta il bello di lavorare insieme). Ci sono gli scettici che pensano che un lavoro a valenza scientifica che comporta fare ipotesi, vagliarle sperimentalmente e fermarsi a ragionare per trarre conclusioni non possa sposarsi con la brevità di incontro e la confusione della piazza. Ci sono i possibilisti che sostengono che qualcosa è possibile fare, magari giocando sullo stimolare intuizioni.
    • Quest’anno lavoreremo e discuteremo su questo argomento, provando sperimentalmente attività di vario tipo (altrimenti non saremmo il gruppo sperimentazione!)  da svolgere all’aperto in situazioni diverse e vagliandone la “valenza scientifica e formativa”. In questo coinvolgeremo e ci faremo aiutare dalle ragazze del Servizio Civile nazionale assegnate alla FIT CEMEA a Firenze che hanno un progetto con obbiettivi per certi versi simili. Perché? Perché l’unione fa la forza e …più siamo e più ci si diverte!
  • Infine le scuole dell’infanzia di Prato. Positivi gli interventi di giugno.
    • Dobbiamo proseguire la programmazione per finire gli interventi lavorando di concerto con il gruppo che operativamente andrà nelle scuole.

In cima al blog trovate il calendario di massima dei nostri incontri.

 Giovanna Danza

Come costruire e usare un burattino può avvicinarci al pensiero scientifico: riflessioni ed un primo esperimento

Ormai un anno fa, ho partecipato allo stage LUDEA “Burattini, costruzione e gioco” e sono rimasta folgorata dalle potenzialità espressive ed educative dei burattini tanto che non riesco a smettere di occuparmene.
Costruire e dar vita ad un burattino è un percorso interiore molto intenso. Costruendo un burattino si traferisce in esso, con modalità in gran parte inconsce, un pezzettino di noi. Nel dargli vita “pezzettino” inizia ad essere anche “altro da noi” ed infatti non a torto si dice che il burattino “prende vita”. Un processo in qualche modo “attivo” con il quale quella parte di noi ci si ripresenta e si fa conoscere da noi e dagli altri, nel bene e nel male. La profondità di questo processo mi ha indotto ad analizzarlo meglio e mi sono resa conto di come sia la costruzione che l’uso dei burattini sulla scena ci costringano a fare un grosso sforzo di semplificazione. Si parte da un’idea complessa (e talvolta confusa) e poi il mezzo espressivo che usiamo ci costringe a “trovare l’essenziale” attraverso un lavoro di sfoltimento di ciò che è superfluo per arrivare al cuore del messaggio. Quando quel concetto essenziale, spogliato di fronzoli, orpelli e sovrastrutture mentali, prende vita e interagisce con noi e con gli altri può succedere che riesca a folgorarci, come quando si guarda una lampadina al di là del paralume.
Venendo alla dimensione scientifica: questo percorso mi ha ricordato molto da vicino il processo mentale che facciamo nell’affrontare un problema dal punto di vista scientifico.
Nel lavoro scientifico in genere ci troviamo di fronte a fenomeni complessi e per capirli li scomponiamo cercando di enucleare i fattori essenziali distinguendoli da quelli secondari. Lo studio dei fattori essenziali si compie interrogando il sistema tramite la variazione di un fattore alla volta e registrandone le risposte.
 Nella costruzione di un burattino l’idea di partenza di burattino-personaggio è il fenomeno complesso che durante la costruzione scomponiamo enucleando i caratteri essenziali (ad esempio gli occhi, la bocca, vestito e accessori ecc.). Studiamo questi caratteri variandoli uno per volta (provando diversi tipi di occhi, variando le dimensioni o la forma della bocca, aggiungendo un ciuffo birichino o un vestito sgargiante), e guardiamo e registriamo come cambia e cosa esprime.
La meraviglia della scienza è quando tramite questo processo si compie  il miracolo di riuscire a comprendere i meccanismi di quel fenomeno complesso. La spiegazione può essere semplice e talvolta la si può esprimere tramite una cosa essenziale come un’equazione matematica. La comprensione di un fenomeno scientifico ti lascia sempre “folgorato”.
E così è per i burattini:
Il burattino nella sua semplicità è meraviglioso quanto un’equazione matematica che riesce a descrivere un fenomeno complesso!

Per chi volesse approfondire questi concetti consiglio la lettura del libro di Mariano Dolci “dialogo sul trasferimento del burattino in educazione” a cura di Vito Minoia.
Leggendolo ho rafforzato ancor di più la mia idea che lavorare con i burattini ti avvicina alla scienza. Riporto un paio di brani che mi hanno emozionato:
parlando dell’educazione artistica Dolci dice:
“Non si considera che anche le emozioni e l’estetica contribuiscono alla conoscenza e che in molti processi mentali sarebbe arduo separare le une dalle altre. (…) I problemi ai quali accenniamo non riguardano solo l’educazione ma attraversano tutta la cultura scientifica e quella artistica: i rapporti tra di loro, i rapporti tra produzione e fruizione, il ruolo dell’estetica nell’acquisizione di conoscenze”
E successivamente parlando dei processi di imitazione-finzione nel bambino:
“Sigmund Freud ha visto nel teatro una sorta di proseguimento dei giochi infantili. (..) Ma la vera continuità dei giochi infantili presente negli adulti non va ricercata nel solo teatro, quanto in ogni attività creatrice dove l’uomo procede nella conoscenza maneggiando il “far finta”, ossia le ipotesi di lavoro, le teorie, i modelli delle scienze, le analogie e le metafore in tutte le arti. Per procedere è necessario mettere in atto questa capacità che Aristotele definisce “saper scorgere il simile”. (…)
Quanto più il bambino avrà visto, udito e sperimentato, quanto più avrà conosciuto e assimilato, quanti più elementi della realtà avrà avuto a disposizione nella sua esperienza, tanto più significativa e feconda riuscirà la sua attività immaginativa. E’ la sua strategia per esplorare e conoscere la realtà”
In poche parole facciamoli “zazzicare” con i burattini oggi e da grandi capiranno come funziona il ragionamento scientifico!
Ho avuto di recente la mia prima possibilità di sperimentare sul campo queste mie riflessioni. Nell’ambito della manifestazione “Chianti Ludens 2015” ho tenuto con altri del gruppo per due pomeriggi un tavolo  dove si proponeva l’attività di costruzione di burattini con un calzino, stoffe, bottoni e l’utilizzo di ago e filo.
Le caratteristiche dell’evento non erano delle più adatte ad un lavoro del genere: eravamo all’aperto in un luogo con molte altre proposte e “distrazioni”, la sosta dei bambini era per forza di cose breve, le età erano disparate. Pertanto non c’era  la possibilità di impostare un lavoro sistematico e di riflessione.
Ma io sono testarda ed ho voluto provare lo stesso.
Tempi e modalità di lavoro non mi hanno permesso di mettere a fuoco e far sperimentare ai bambini quel lavoro di semplificazione e scoperta dell’essenziale di cui parlavo sopra. Per quello c’è bisogno di più tempo e maggiori opportunità di concentrarsi; inoltre la conduzione del lavoro deve essere più studiata e deve riuscire a lasciare spazio alle elaborazioni personali incoraggiando il lavoro senza interferire. Mi sono resa conto che tutto ciò non può essere fatto in mezz’ora di interazione con il bambino.
Tuttavia, come sempre accade quando si sperimenta, ho avuto la riconferma di alcune mie osservazioni ed ho trovato spunti diversi da quelli che mi ero immaginata per poter ricondurre la costruzione di un burattino al ragionamento scientifico.
La principale riconferma è stata quella del trasferimento: ciascun bambino ha trasferito qualcosa di sé nel burattino che costruiva ed è stato “catturato” da questo processo inconscio. Tutti sono rimasti inchiodati al tavolo per 20-30 minuti impegnati nel difficile compito di cucire insieme due pezzi di stoffa. Anche bimbe e bimbi di 5-6-anni. Una volta cominciato il lavoro nessuno ha desistito o si è stufato. Questo perché quei due pezzi di stoffa erano corpo e bocca della loro “creatura” che una volta abbozzata chiedeva loro di essere finita di plasmare. Dopo questo impegnativo lavoro di cucito la scelta di occhi, capelli e accessori vari non è mai stata frettolosa ma al contrario ciascuno si è preso il tempo per provare e decidere.
Gli spunti mi sono venuti dal lavoro pratico che era necessario per guidare i bambini a scoprire come costruire il burattino. Interrogandoli su come e dove andava tagliato il calzino per poterci poi cucire la bocca ho avuto occasione di farli ragionare su una figura tridimensionale che si può appiattire; ritagliare l’ovale della bocca in modo preciso mi ha dato l’occasione di fargli scoprire la simmetria ed il trucco del raddoppiare la stoffa; fare una cucitura mi ha dato l’occasione di ragionare su dritto e rovescio e così via. Piccole cose che però gli illuminavano gli occhi quando le capivano!

Dunque concludo questo mio post sottolineando che il binomio “costruzione di un burattino-approccio al pensiero scientifico” secondo me  ha effettivamente un suo senso. Il lavoro può essere impostato su più livelli e c’è bisogno di sperimentare ancora con diverse modalità questo argomento per esplorarne tutti i risvolti e le potenzialità. E voi che ne dite?

Giovanna Danza

SAVE THE DATE

Salve a tutti. Oggi 3 ottobre 2014 nasce il blog del gruppo SperimentAzione del CEMEA.

COME E PERCHE’ NASCE
Ieri sera durante la consueta riunione mensile, tra un pezzetto di schiacciata e uno di mozzarella, ci dicevamo che ci sarebbe servito qualcosa per documentare i nostri incontri e il nostro lavoro. Per due motivi, il primo tangibile e reale che, data la nostra età ormai avanzata, rischiamo di scordarci ciò che abbiamo fatto; il secondo, molto più remoto, che a qualcuno potrebbe interessare il contenuto dei nostri incontri.

PERCHE’ PROPRIO UN BLOG
Perché, pur avendo un’idea vaga di cosa sia e come si gestisca un blog, ci sembrava uno strumento utile per raccogliere il nostro materiale e per continuare a discuterne magari allargando la discussione agli altri SperimentAtori che, per un motivo o per l’altro, sono meno presenti agli incontri e, spingendoci oltre, allargarla anche ad altri soggetti interessati a ciò che facciamo.

COSA E’ DUNQUE QUESTO BLOG?
In primis per non smentirci e una SperimentAzione! Poi, quando avremo sperimentato abbastanza,  avremo discusso abbastanza e ci sembrerà di aver capito cosa è ve lo diremo.

INFINE PERCHE’ QUESTO SFONDO?
Perché lasciatecelo dire: cartacei siamo nati e cartacei moriremo!